RIFLESSIONE PER IL PRIMO DAN
DI SUSANNA ALIPRANDI
La via di un guerriero è come un sentiero! Non bisogna pensare all’arrivo, ma a come percorrerlo.
Mi è capitato più volte che mi chiedessero il mio grado di cintura,un modo per giudicare il tuo valore come karateka,la tua esperienza,la tua forza.
Tutto è veramente fermo a che grado siamo?
Fermarmi a pensare che significato possa avere la cintura nera mi ha fatto riflettere, ad andare oltre il
voler possedere il simbolo, per eccellenza del karateca, quello che ce l'ha fatta.
Dove applichiamo le tecniche che apprendiamo, lungo il nostro percorso,mentre percorriamo questo sentiero,camminiamo ma non pensiamo a cosa faremo quando arriveremo,ma a quello che dobbiamo affrontare oggi,a quali sfide andremo incontro.
Nel mio cammino ho affrontato i miei avversari,a volte mi hanno buttato a terra e ho saputo rialzarmi,nei kumite più importanti ho già indossato la mia cintura nera, che nessuno mi ha assegnato,che non è legata ai mie fianchi,al mio karate-gi ma ben si al mio spirito,l'ho indossata e applicata,una cintura nera che non si vede ma c'è, nelle difficoltà della vita che a volte sono cosi difficili da superare,dove non c'è aiuto e sei sola a combattere, come sul tatami,un vero e proprio incontro ed è qui che entrano in gioco le tecniche acquisite,le ore di allenamento,dove la mia mente e il mio spirito si sono plasmati più che il corpo,dove ho imparato a sopportare ad andare avanti con umilta',senza presunzione di sapere,a non perdere il controllo e cercare la verità a scegliere quello che è giusto mettendo in gioco tutto.
Uno spirito affamato che ha sempre bisogno di continui insegnamenti per arricchirsi sempre più, per avanzare di grado,pronto per ogni sfida,uno spirito degno della sua " cintura nera".
Ho avuto l'occasione di ricominciare quando non pensavo fosse più possibile,lasciare che gli eventi più o meno importanti abbiano il potere di decidere quello che sarà, lasciando fare senza reazione è una condizione difficile da superare,prendere il controllo la decisione giusta,migliorare quello che nel nostro quotidiano ci circonda,ma prima di tutto migliorare se stessi,tutto questo non è mai semplice perché comporta cambiamenti e sacrifici,queste sono le mie prospettive, continuare a cogliere gli insegnamenti nel profondo, senza fermarsi a ciò che è noto a tutti,carpirne il meglio andare oltre,ed è proprio andando oltre che si dimostra il coraggio in ogni situazione.
Lo spirito del karate deve ispirare tutte le nostre azioni,come si legge nei venti principi del karate,è questo secondo me il modo per migliorare, applicandolo al meglio nelle nostre scelte,con una mente aperta e pronta,colui che ci attacca sono i nostri problemi,il parare prontamente, contrattaccare ,è il modo con cui affrontiamo le nostre difficoltà, vincere o no,poco importa,l'importante è affrontare il tutto nel modo giusto e con la pratica e la disciplina costante, che non mancherà di ricompensarci nei momenti difficili.
HITOTSU!DORYOKU NO SEISHIN O YASHINAU KOTO
Rafforza instancabilmente lo spirito.
La via di un guerriero è come un sentiero! Non bisogna pensare all’arrivo, ma a come percorrerlo.
Mi è capitato più volte che mi chiedessero il mio grado di cintura,un modo per giudicare il tuo valore come karateka,la tua esperienza,la tua forza.
Tutto è veramente fermo a che grado siamo?
Fermarmi a pensare che significato possa avere la cintura nera mi ha fatto riflettere, ad andare oltre il
voler possedere il simbolo, per eccellenza del karateca, quello che ce l'ha fatta.
Dove applichiamo le tecniche che apprendiamo, lungo il nostro percorso,mentre percorriamo questo sentiero,camminiamo ma non pensiamo a cosa faremo quando arriveremo,ma a quello che dobbiamo affrontare oggi,a quali sfide andremo incontro.
Nel mio cammino ho affrontato i miei avversari,a volte mi hanno buttato a terra e ho saputo rialzarmi,nei kumite più importanti ho già indossato la mia cintura nera, che nessuno mi ha assegnato,che non è legata ai mie fianchi,al mio karate-gi ma ben si al mio spirito,l'ho indossata e applicata,una cintura nera che non si vede ma c'è, nelle difficoltà della vita che a volte sono cosi difficili da superare,dove non c'è aiuto e sei sola a combattere, come sul tatami,un vero e proprio incontro ed è qui che entrano in gioco le tecniche acquisite,le ore di allenamento,dove la mia mente e il mio spirito si sono plasmati più che il corpo,dove ho imparato a sopportare ad andare avanti con umilta',senza presunzione di sapere,a non perdere il controllo e cercare la verità a scegliere quello che è giusto mettendo in gioco tutto.
Uno spirito affamato che ha sempre bisogno di continui insegnamenti per arricchirsi sempre più, per avanzare di grado,pronto per ogni sfida,uno spirito degno della sua " cintura nera".
Ho avuto l'occasione di ricominciare quando non pensavo fosse più possibile,lasciare che gli eventi più o meno importanti abbiano il potere di decidere quello che sarà, lasciando fare senza reazione è una condizione difficile da superare,prendere il controllo la decisione giusta,migliorare quello che nel nostro quotidiano ci circonda,ma prima di tutto migliorare se stessi,tutto questo non è mai semplice perché comporta cambiamenti e sacrifici,queste sono le mie prospettive, continuare a cogliere gli insegnamenti nel profondo, senza fermarsi a ciò che è noto a tutti,carpirne il meglio andare oltre,ed è proprio andando oltre che si dimostra il coraggio in ogni situazione.
Lo spirito del karate deve ispirare tutte le nostre azioni,come si legge nei venti principi del karate,è questo secondo me il modo per migliorare, applicandolo al meglio nelle nostre scelte,con una mente aperta e pronta,colui che ci attacca sono i nostri problemi,il parare prontamente, contrattaccare ,è il modo con cui affrontiamo le nostre difficoltà, vincere o no,poco importa,l'importante è affrontare il tutto nel modo giusto e con la pratica e la disciplina costante, che non mancherà di ricompensarci nei momenti difficili.
HITOTSU!DORYOKU NO SEISHIN O YASHINAU KOTO
Rafforza instancabilmente lo spirito.
Significato del dojo kun.
Storia di una carpa.
Cosa vuol dire per me il dojo kun?
riflessione per il II Kyu di Ares Minotti.
E' una domanda impegnativa, e pur tentando non so dare una vera risposta, e credo che proprio da qui devo partire.
Una popolare leggenda giapponese/cinese sostiene che se una carpa vive per mille anni o risale mille torrenti, essa diventerà un dragone, come quasi ogni storiella e leggende deve avere un fondo di vero, un insegnamento, il dragone in se pur non essendo il nostro simbolo, è il simbolo perfetto di coloro che praticano le arti marziali, è sia forza che saggezza, ma nessuna di esse prevale sull’altra, se c’è una cosa che credo di sapere del karate è infatti che mira a renderti un guerriero, non un combattente, vi è differenza, noi stessi nella nostra associazione abbiamo le parole cultura, in fondo se così non fosse, questo testo non esisterebbe, e io ho sempre pensato di essere una carpa, che cerca di essere un dragone, nel dojo e fuori, e dunque ho sempre pensato a un principio in particolare, “mezzo per rafforzare lo spirito”, uno spirito forte e indomito può tutto, o almeno molto, poiché trascina il resto con sé, e dunque sempre a questo pensavo nella pratica, considerando lo spirito come volontà, ma non sempre riuscivo, e non sempre riuscirò, perché c’è dell’altro.
C’è molto altro, altro che devo considerare, oggi credo che il principio che più mi accompagnerà sarà “migliorare il carattere”, perché con tutto lo spirito, se il carattere non gli sta’ dietro, lo spirito non condurrà da nessuna parte, e non ci si ferma qui, io stesso mi sono arenato, e provo vergogna per come ho preparato l’esame a prescindere dal risultato, perché so che non l’ho preparato come dovevo, che non ci ho messo la costanza che dovevo, e questo non è la coscienza di poter fare di meglio, essa è sempre presente ed è monito a continuare, ma consapevolezza della propria negligenza, ma non mi fermo qui, e non scordo il resto, perché sebbene io abbia preferenze, sebbene ogni momento pretenda una soddisfazione propria, e dunque sempre diversa, non devo scordare il resto, non c’è un solo dojo kun, lo spirito trascina il resto ma il resto lo spinge, e cosi devo fare fino a quando potrò se intendo praticare quest’arte, io sono una carpa, chi sa se mai un dragone, ma forse il dragone non vale per nessuno, poiché il dragone è l’obbiettivo, ma non il traguardo.
Storia di una carpa.
Cosa vuol dire per me il dojo kun?
riflessione per il II Kyu di Ares Minotti.
E' una domanda impegnativa, e pur tentando non so dare una vera risposta, e credo che proprio da qui devo partire.
Una popolare leggenda giapponese/cinese sostiene che se una carpa vive per mille anni o risale mille torrenti, essa diventerà un dragone, come quasi ogni storiella e leggende deve avere un fondo di vero, un insegnamento, il dragone in se pur non essendo il nostro simbolo, è il simbolo perfetto di coloro che praticano le arti marziali, è sia forza che saggezza, ma nessuna di esse prevale sull’altra, se c’è una cosa che credo di sapere del karate è infatti che mira a renderti un guerriero, non un combattente, vi è differenza, noi stessi nella nostra associazione abbiamo le parole cultura, in fondo se così non fosse, questo testo non esisterebbe, e io ho sempre pensato di essere una carpa, che cerca di essere un dragone, nel dojo e fuori, e dunque ho sempre pensato a un principio in particolare, “mezzo per rafforzare lo spirito”, uno spirito forte e indomito può tutto, o almeno molto, poiché trascina il resto con sé, e dunque sempre a questo pensavo nella pratica, considerando lo spirito come volontà, ma non sempre riuscivo, e non sempre riuscirò, perché c’è dell’altro.
C’è molto altro, altro che devo considerare, oggi credo che il principio che più mi accompagnerà sarà “migliorare il carattere”, perché con tutto lo spirito, se il carattere non gli sta’ dietro, lo spirito non condurrà da nessuna parte, e non ci si ferma qui, io stesso mi sono arenato, e provo vergogna per come ho preparato l’esame a prescindere dal risultato, perché so che non l’ho preparato come dovevo, che non ci ho messo la costanza che dovevo, e questo non è la coscienza di poter fare di meglio, essa è sempre presente ed è monito a continuare, ma consapevolezza della propria negligenza, ma non mi fermo qui, e non scordo il resto, perché sebbene io abbia preferenze, sebbene ogni momento pretenda una soddisfazione propria, e dunque sempre diversa, non devo scordare il resto, non c’è un solo dojo kun, lo spirito trascina il resto ma il resto lo spinge, e cosi devo fare fino a quando potrò se intendo praticare quest’arte, io sono una carpa, chi sa se mai un dragone, ma forse il dragone non vale per nessuno, poiché il dragone è l’obbiettivo, ma non il traguardo.
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disegno di Lisa Fiorella
Fava Nunzio: esame per primo Dan, Teoria.
Da un grande potere derivano grandi responsabilità.
1° Potere e responsabilità derivanti dalla conoscenza delle arti marziali.
Questa frase tratta da un famosissimo film è molto appropriata da applicare alle nostre arti, ma soprattutto nella fase di passaggio da cintura colorata a DAN.
Da una parte ci fa riflettere sui sacrifici fatti per arrivare a questo livello, ma dall’altra ci stimola a crescere sempre più e a dimostrarci che c’è sempre da imparare, ma soprattutto da migliorare.
Il fatto di aver raggiunto alti livelli non ci deve appagare e rendere statici, ma piuttosto deve essere uno stimolo al miglioramento continuo.
Ogni tanto assistiamo ad un certo rilassamento da parte di grandi ‘maestri’ pensando che quello che hanno imparato in qualche modo sia sufficiente alla loro crescita personale e professionale, ma cosi facendo non fanno altro che bloccare la crescita dei loro allievi, che hanno voglia di imparare e crescere all’interno dell’Arte.
Voler crescere permette a se stessi di mettersi nelle condizioni migliori di applicare e allo stesso tempo di far applicare le Arti.
Mettersi sempre in gioco durante gli allenamenti vuol dire anche scoprire sempre cose nuove di determinati movimenti e modi diversi di applicare Kata e Bunkai.
Il non sentirsi mai appagati ci pone sempre nelle condizioni migliori per imparare.
Se questo è valido nelle Arti a maggior ragione si può applicare nella vita di tutti i giorni, nel lavoro personale, nello studio, ecc.
Il voler imparare ci metterà in buona luce nei confronti degli insegnanti; così come nell’ambiente di lavoro.
Il grado di pratica raggiunto nelle Arti, deve stimolare l’allievo e il Maestro a far sempre di più non solo negli allenamenti all’interno del dojo ma anche all’esterno dove l’applicazione dell’arte è molto più difficile; non mi riferisco a un’applicazione pratica di auto difesa, ma a un’applicazione se non filosofica quasi spirituale dell’arte.
Il termine ‘Arti marziali’ non è da attribuirsi al solo gesto fisico dell’auto difesa ma a una crescita vera e propria dell’individuo.
Crescita non solo fisica o di abilità motorie, ma piuttosto una presa di coscienza delle proprie capacità, e il voler rimettersi sempre in gioco.
Portare il grado di DAN è un peso importante che ci deve mettere nelle condizioni favorevoli per proseguire la nostra crescita di Allievi e Individui.
2° Responsabilità
Da un grande potere derivano grandi responsabilità.
Molte sono le responsabilità cui si va incontro.
Come primo il rispetto per noi stessi, se non comprendiamo questa piccola regola, non possiamo pretendere di essere responsabili verso gli altri.
Rispetto del nostro corpo durante gli allenamenti.
Riuscire a comprendere i vari segnali che ci invia il nostro corpo o la nostra mente è indispensabile per applicare al meglio l’Arte.
Rispetto per gli altri, siano essi conoscenti con cui condividiamo i nostri modi di fare e pensare, siano solo persone occasionali con cui ci si relaziona solo occasionalmente.
Un rispetto ideologico, politico e religioso è essenziale.
All’interno del Dojo, non ci sono differenze se non nel grado di pratica acquisito.
Quando si partecipa alle diverse sezioni di Stage con praticanti di altre federazioni o altri Dojo, non ci si chiede da dove vengono, e non si sceglie il partner con cui allenarsi in base al colore della pelle, alla razza, o al proprio credo religioso, è doveroso un rispetto personale verso tutti per poter crescere insieme.
Il saper colpire un avversario, non ci deve mettere nelle condizioni di andare a cercare una rissa, ma piuttosto ci invita a riflettere per approfondire la conoscenza del carattere del nostro antagonista.
Capire il carattere dell’ avversario cercando di comprendere il motivo del suo astio.
COMBATTERE SENZA COMBATTERE,
A volte le battaglie peggiori sono quelle che si combattono con se stessi, anche per questo abbiamo la responsabilità di cercare di capire e comprendere le persone con cui ci si relaziona, per cercare di alleviare le loro difficolta.
La responsabilità di capire gli altri, per conoscere se stessi fino in fondo, e perseguire il bene comune.
I grandi maestri dicono sempre ’IL MIGLIOR COMBATTIMENTO E’ QUELLO EVITATO’.
Il fatto di aver raggiunto gradi elevati nell’Arte non deve farci credere di poter attaccar briga, ma piuttosto abbiamo la responsabilità di evitare i conflitti e cercare di perseguire le buone maniere e il voler vivere in armonia nell’ambiente che ci circonda.
Non si può amare l’Arte se non si rispetta se stessi , gli altri, la natura che ci circonda.
Se è vero che molte arti marziali hanno preso spunto dalla Natura, dagli Animali, come si può non vivere in armonia con essa? Come si può praticare l’Arte se non si rispetta ciò che ci circonda, e anche questa nostra Responsabilità, il rispetto verso tutto ciò che ci circonda, perché in tutto prende vita l’Arte.
Da un grande potere derivano grandi responsabilità.
1° Potere e responsabilità derivanti dalla conoscenza delle arti marziali.
Questa frase tratta da un famosissimo film è molto appropriata da applicare alle nostre arti, ma soprattutto nella fase di passaggio da cintura colorata a DAN.
Da una parte ci fa riflettere sui sacrifici fatti per arrivare a questo livello, ma dall’altra ci stimola a crescere sempre più e a dimostrarci che c’è sempre da imparare, ma soprattutto da migliorare.
Il fatto di aver raggiunto alti livelli non ci deve appagare e rendere statici, ma piuttosto deve essere uno stimolo al miglioramento continuo.
Ogni tanto assistiamo ad un certo rilassamento da parte di grandi ‘maestri’ pensando che quello che hanno imparato in qualche modo sia sufficiente alla loro crescita personale e professionale, ma cosi facendo non fanno altro che bloccare la crescita dei loro allievi, che hanno voglia di imparare e crescere all’interno dell’Arte.
Voler crescere permette a se stessi di mettersi nelle condizioni migliori di applicare e allo stesso tempo di far applicare le Arti.
Mettersi sempre in gioco durante gli allenamenti vuol dire anche scoprire sempre cose nuove di determinati movimenti e modi diversi di applicare Kata e Bunkai.
Il non sentirsi mai appagati ci pone sempre nelle condizioni migliori per imparare.
Se questo è valido nelle Arti a maggior ragione si può applicare nella vita di tutti i giorni, nel lavoro personale, nello studio, ecc.
Il voler imparare ci metterà in buona luce nei confronti degli insegnanti; così come nell’ambiente di lavoro.
Il grado di pratica raggiunto nelle Arti, deve stimolare l’allievo e il Maestro a far sempre di più non solo negli allenamenti all’interno del dojo ma anche all’esterno dove l’applicazione dell’arte è molto più difficile; non mi riferisco a un’applicazione pratica di auto difesa, ma a un’applicazione se non filosofica quasi spirituale dell’arte.
Il termine ‘Arti marziali’ non è da attribuirsi al solo gesto fisico dell’auto difesa ma a una crescita vera e propria dell’individuo.
Crescita non solo fisica o di abilità motorie, ma piuttosto una presa di coscienza delle proprie capacità, e il voler rimettersi sempre in gioco.
Portare il grado di DAN è un peso importante che ci deve mettere nelle condizioni favorevoli per proseguire la nostra crescita di Allievi e Individui.
2° Responsabilità
Da un grande potere derivano grandi responsabilità.
Molte sono le responsabilità cui si va incontro.
Come primo il rispetto per noi stessi, se non comprendiamo questa piccola regola, non possiamo pretendere di essere responsabili verso gli altri.
Rispetto del nostro corpo durante gli allenamenti.
Riuscire a comprendere i vari segnali che ci invia il nostro corpo o la nostra mente è indispensabile per applicare al meglio l’Arte.
Rispetto per gli altri, siano essi conoscenti con cui condividiamo i nostri modi di fare e pensare, siano solo persone occasionali con cui ci si relaziona solo occasionalmente.
Un rispetto ideologico, politico e religioso è essenziale.
All’interno del Dojo, non ci sono differenze se non nel grado di pratica acquisito.
Quando si partecipa alle diverse sezioni di Stage con praticanti di altre federazioni o altri Dojo, non ci si chiede da dove vengono, e non si sceglie il partner con cui allenarsi in base al colore della pelle, alla razza, o al proprio credo religioso, è doveroso un rispetto personale verso tutti per poter crescere insieme.
Il saper colpire un avversario, non ci deve mettere nelle condizioni di andare a cercare una rissa, ma piuttosto ci invita a riflettere per approfondire la conoscenza del carattere del nostro antagonista.
Capire il carattere dell’ avversario cercando di comprendere il motivo del suo astio.
COMBATTERE SENZA COMBATTERE,
A volte le battaglie peggiori sono quelle che si combattono con se stessi, anche per questo abbiamo la responsabilità di cercare di capire e comprendere le persone con cui ci si relaziona, per cercare di alleviare le loro difficolta.
La responsabilità di capire gli altri, per conoscere se stessi fino in fondo, e perseguire il bene comune.
I grandi maestri dicono sempre ’IL MIGLIOR COMBATTIMENTO E’ QUELLO EVITATO’.
Il fatto di aver raggiunto gradi elevati nell’Arte non deve farci credere di poter attaccar briga, ma piuttosto abbiamo la responsabilità di evitare i conflitti e cercare di perseguire le buone maniere e il voler vivere in armonia nell’ambiente che ci circonda.
Non si può amare l’Arte se non si rispetta se stessi , gli altri, la natura che ci circonda.
Se è vero che molte arti marziali hanno preso spunto dalla Natura, dagli Animali, come si può non vivere in armonia con essa? Come si può praticare l’Arte se non si rispetta ciò che ci circonda, e anche questa nostra Responsabilità, il rispetto verso tutto ciò che ci circonda, perché in tutto prende vita l’Arte.
TESINA DI MATURITA' DELL'ISTRUTTORE ANDREA BRENNA
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